Il Diario di tunia

Due parole su Chiarofiore: un bianco? No, un Orange Wine

4 giugno 2013

È uscita da poco la nuova annata del Chiarofiore, la 2011.

Per noi è il nostro vino bianco, ci sembra che abbia un bel colore e che sia facile da bere. In realtà abbiamo capito che cose che a noi sembrano “normali”, in realtà non lo sono affatto per gli altri.

Iniziamo dalla prima affermazione: vino  bianco

Sì, ma in realtà non è un vino bianco come si intende di solito: è un bianco macerato, conosciuto anche come orange wine.

Poi: ci sembra che abbia un bel colore

Questo vino viene vinificato come se fosse un rosso, con le bucce, e quindi ha un colore molto carico; in più è fatto con un Trebbiano che a completa maturazione è rosa. Il risultato finale è un vino giallo oro carico con dei riflessi rosati.

Infine: che sia facile da bere

Visto il tipo di vinificazione, in bocca ha una leggera sensazione tannica e un discreto corpo, caratteristiche più da vino rosso che da bianco. Per completare il quadro, l’acidità è molto spiccata e va, secondo noi, a bilanciare un certa sensazione di dolcezza dovuta ad una piccola percentuale di vendemmia tardiva.

Forse, dopo tutte queste spiegazioni dobbiamo farcene una ragione: non è un vino facile! E capiamo che possa spiazzare una persona a cui viene versato senza nessuna spiegazione.

Per qualche approfondimento sugli orange wine e i bianchi macerati:

GLI ORANGE WINE: QUESTI SCONOSCIUTI, VINI CHE FANNO VIAGGIARE NEL TEMPO

DEI BIANCHI MACERATI SULLE BUCCE, NON FACCIAMONE LA MODA DEGLI ANNI DUEMILA!

IL QUARTO COLORE DEL VINO

MACERAZIONI E TIPICITA’: RIFLESSIONI PSEUDOFILOSOFICHE

VINI BIANCHI MACERATI, UNA CATEGORIA A PARTE NELLA CARTA DEI VINI

 

La vendemmia 2012

9 novembre 2012

La raccolta delle olive è cominciata, e questo significa che ormai l’uva è al sicuro in cantina. Quest’anno il bilancio è stato assolutamente positivo: nonostante il gran caldo di quest’estate la vendemmia ci ha regalato abbondanza ed ottima qualità. Come ormai avrete capito da Tunia si lavora con calma! La vendemmia comincia tardi e l’uva in cantina inizia a fermentare che è già autunno inoltrato; il freddo di questi giorni ha rallentato l’attività dei lieviti…e, come dice Daniele (il nostro cantiniere): “A Natale questi vini bollono sempre!” [ndt. il vino continuerà a fermentare fino a fine Dicembre] (!!!) Ecco un po’ di foto del Vermentino:

Poi si passa al Trebbiano che usiamo anche per il Vin Santo: Poi è la volta del Sangiovese: Ed infine il Cabernet Sauvignon: A questo punto il lavoro si sposta in cantina perché iniziano le fermentazioni: SAMSUNG     Serbatoio da svinare Dopo un numero di giorni variabile, a seconda dell’uva, si procede con la svinatura, rigorosamente manuale:

Serbatoio pieno di vinacceSi tolgono le vinacce

Il rifrattometro e la bocca

25 settembre 2012

Ci siamo! La vendemmia (il momento più ansiogeno dell’anno) è veramente iniziata!

Quest’anno il Sangiovese della vigna giovane (solo 300 piante), ha deciso che aveva fretta ed ha battuto sul tempo il Vermentino (che di solito invece vince alla grande sugli altri): sono stati raccolti all’inizio di Settembre e ora sono già entrambi tranquilli in cantina.

È da circa un mese, quindi, che è iniziato il monitoraggio costante delle uve per cogliere tutto al momento giusto.

Ovviamente è importante fare delle analisi in laboratorio sul quantitativo di zuccheri, sull’acidità e sul pH, ma in vigna ci sono due strumenti fondamentali: il rifrattometro e la bocca. Il primo serve per fare una valutazione approssimativa sulla concentrazione degli zuccheri, la seconda è fondamentale per capire a che punto è la maturazione fenolica dell’uva.

In pratica, mentre facciamo delle rilassanti passeggiate in vigna, stacchiamo degli acini dal filare che sono alla nostra destra ed alla nostra sinistra (sembra una cosa scema, ma così facciamo un campionamento su grappoli che hanno una diversa esposizione al sole). Alcuni di questi acini li spremiamo sul rifrattometro, facendo uscire il succo. In questo modo si vede quanto zucchero contengono.

Altri li mettiamo in bocca, e qui inizia la parte divertente. Pensate che si mangino? Sbagliato ! Si degustano!

La degustazione delle uve, fatta seriamente, è una cosa piuttosto tecnica e complessa che implica la compilazione di schede con un quantitativo inenarrabile di parametri da valutare. Noi, nelle fasi prima della vendemmia, facciamo la degustazione “da campo”, molto più approssimativa ma utilissima per capire a che punto è l’uva e se è il caso di raccoglierla di corsa o di aspettare ancora un pochino.

A parte la dolcezza e l’acidità della polpa, la cosa fondamentale è valutare la consistenza e l’eventuale astringenza della buccia, cosa che si fa masticandola un numero ben preciso di volte, fino a ridurla in poltiglia. Fatte le dovute considerazioni si può elegantemente sputare e passare ai vinaccioli.

Questi saranno stati precedentemente separati dal resto e visionati. Il colore dà indicazioni fondamentali sul grado di lignificazione e quindi sulla piacevolezza dei tannini che si potranno estrarre. A questo punto si masticano anche loro, e già il modo in cui si rompono tra i denti dà delle indicazioni preziose. Dopo averli finemente triturati potrete finalmente sputacchiare qua e là anche loro.
Questa elegante pratica, che necessita eventualmente di accompagnatori poco schifiltosi e pronti a spostarsi in tempo per evitare una pallottola di buccia o di vinaccioli sui piedi è, secondo noi, la cosa più importante per stabilire davvero quale sia il momento più adatto per vendemmiare.

A quindi si torna lì: ci siamo! La vendemmia (il momento più ansiogeno dell’anno) è veramente iniziata!!!

Una volpe in vigna!

30 agosto 2012

In questi giorni è capitato spesso che un’amica venisse a trovarci in vigna.

Abbiamo documentato l’evento!

Dopo aver studiato la situazione da lontano, si è concessa ad un primo piano.

Poi, perlustrando il territorio forse in cerca di cibo, ha trovato un guanto. Se lo vorrà mangiare?!!!!!!!!

Per vigneti il più ecocompatibili possibile

10 maggio 2012

Tunia, per una nostra precisa convinzione, è stata fin da subito gestita in maniera biologica  e, comunque, si è cercato di ridurre al massimo l”impatto ambientale del nostro lavoro. Sono nati i biglietti da visita in carta FSC, i laccetti in cellulosa per legare le viti, l’adesione al progetto di recupero dei tappi di sughero.

È proprio per questo che negli ultimi giorni è nata la collaborazione tra Tunia e Ruggero Mazzilli della Stazione Sperimentale per la Viticoltura Sostenibile.
È vero che finora abbiamo comunque utilizzato solo prodotti a base di rame e zolfo, ma è vero anche che questi due elementi hanno degli effetti collaterali.

Il rame ha un grosso impatto ambientale: essendo un metallo pesante si accumula nel terreno, portando così ad una diminuzione  di tutta l’attività biologica del suolo.

Lo zolfo ha invece un effetto tossico sugli tutti gli insetti, anche su quelli utili presenti in vigna, e può anche interferire con la fermentazione del mosto.

Per tutti questi motivi – e anche perché molti dei prodotti utilizzabili in agricoltura biologica contengono additivi di sintesi (cosa che ci sembra un po’ contraddittoria) – abbiamo deciso di ridurre al minimo i trattamenti e, per quelli necessari, utilizzare sostanze il più ecocompatibili possibile.

Per fare questo però, è necessario creare un “ambiente vigneto” più sano, che sia in grado di reagire meglio agli attacchi degli organismi dannosi. E’ un po’ come, per noi, farci trovare debilitati o bene in salute all’arrivo dell’influenza: nel primo caso passeremo probabilmente diversi giorni a letto; nel secondo, magari, ce la possiamo cavare con un semplice raffreddore o addirittura con niente.

È in questo processo di “irrobustimento” che ci aiuterà lo staff della SPEVIS, che condivide con noi l’idea di un’agricoltura più consapevole e di conseguenza meno velenosa per tutti.

Il Vino Naturale secondo Tunia

2 aprile 2012

Durante la manifestazione di VinNatur a Villa Favorita, confrontandoci con molti altri produttori presenti, ci siamo soffermate a riflettere sul significato di vino naturale. Purtroppo non esiste una definizione univoca, per cui è facile che le idee si confondano. Ad esempio, due tra le principali associazioni italiane che riuniscono vignaioli che producono vini naturali (VinNatur e ViniVeri) hanno posizioni non del tutto in linea. Sul fatto che le uve provengano da vigneti coltivati senza uso di sostanze chimiche di sintesi sono tutti d’accordo. I problemi iniziano quando si parla di pratiche di cantina, che dovrebbero essere poco invasive. Ma chi è che stabilisce quando una pratica può definirsi invasiva? Ci dovremmo trovare d’accordo con il produttore assolutamente convinto di dover eliminare qualunque tipo di sperimentazione e di tecnologia in cantina?! Allora via al più presto dalla cantina l’energia elettrica e l’acqua corrente, segno di una modernità sfrenata e sicuramente dannosa, e lo stesso anche in vigna: al bando il trattore e largo a cavalli e buoi! Anzi, perché mettere le piante tutte ordinate e sostenute da pali e fili? Non si può certo dire che questa sia una situazione naturale per le povere viti. Lasciate al loro stato naturale avrebbero tutt’altro aspetto!

Visto che queste sono assurdità e che il vino non è un prodotto naturale in senso stretto, nel senso che in natura e senza l’intervento umano non è possibile produrlo, come si fa a stabilire quali interventi siano “naturali” e quali no?

Credo che una risposta esaustiva non esista, e che stia alla sensibilità del singolo (produttore e consumatore) stabilire delle regole e dei confini. Vi spieghiamo allora cosa vuol dire vino “naturale” per Tunia anche se, man mano che scriviamo, questo termine ci piace sempre meno. I nostri vini sono:

  • frutto di un territorio e di una tradizione vitivinicola. Per questo teniamo così tanto ai nostri vecchi vigneti, così poco legati al gusto internazionale e così ricchi di “varietà” diverse di uno stesso vitigno. Attualmente nei vivai specializzati ci saranno sicuramente cloni migliori, ma senz’altro non avranno le peculiarità e le tipicità delle vecchie piante,
  • le uve sono coltivate seguendo le regole dell’agricoltura biologica,
  • il lavoro in cantina è fatto cercando di limitare il più possibile l’utilizzo di sostanze estranee al vino (l’unica cosa da cui non riusciamo sempre a prescindere è un po’ di solforosa),

Troppo spesso e soprattutto in passato, purtroppo,  la “naturalità” è stata una giustificazione per vini difettosi. Noi crediamo invece che si possa, grazie anche a sperimentazione e conoscenza, ottenere un vino naturale di ottima qualità.

Da Tunia è primavera!

28 marzo 2012

Anche quest’anno, puntuale, è arrivata la primavera. Qua è veramente una meraviglia! I vigneti sono pieni di fiori:   Le piante si risvegliano:

E anche i ruderi sembrano più belli!

 

La neve di Tunia

20 febbraio 2012

Finalmente l’emergenza sembra passata, ma abbiamo avuto un paio di settimane piuttosto impegnative. Circolazione in tilt, freddo inusuale, lastroni di ghiaccio che sembravano posizionati proprio per farti rompere l’osso del collo.

C’è da dire, però, che l’effetto è stato suggestivo.

Ecco Tunia sotto la neve!

 

Questi sono i nostri vigneti dopo la nevicata…

…visti dalla finestra di casa di Francesca…

…il filare 65…

…e un sacco di misteriosi ospiti!

Beh…qualcuno, in realtà, lo conosciamo!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

Il filato di carta

15 febbraio 2012

Vi è mai capitato, passeggiando in un vigneto o nelle sue vicinanze, di notare i legacci con cui le viti vengono fissate alle strutture di sostegno?

Se non ci avete mai fatto caso, vi diciamo che normalmente si usa il cosiddetto “tubetto agricolo” in PVC, sicuramente comodo, resistente, abbastanza elastico, ma veramente antiestetico.

In particolare d’inverno, nei vigneti senza foglie, questo laccetto verde acceso è un vero pugno in un occhio. 

Diciamo la verità, non che ci fosse particolarmente simpatico già per motivi estetici, ma quando abbiamo fatto un po’ di conti e ci siamo accorte che ogni anno se ne usano mediamente 10 kg per ogni ettaro, abbiamo iniziato la nostra battaglia personale. Noi, che non siamo certo una grande azienda, ogni anno avremmo dovuto comprare 150 kg di tubetto di plastica che corrispondono a circa 16 km di filo.

 

Il punto è: dove finisce ogni anno tutta questa roba? Semplice, per terra!

In pratica, continuando così, tra qualche decennio il nostro vigneto avrebbe avuto una splendida copertura plastificata senza fare nessuno sforzo! Eccezionale!

 

 

Così ci siamo messe a cercare un’alternativa, ed abbiamo trovato un prodotto chiamato Ecolink che è un filato di carta prodotto da CentroPlast, una ditta di Cortona. Questo cordino, fatto appunto di fibre di cellulosa, una volta rimosso dalle piante può tranquillamente essere lasciato sul terreno perché si degrada come qualsiasi altro materiale vegetale.

 

 

La nostra proposta, accolta inizialmente con scarso entusiasmo da parte di alcuni operai, alla fine è piaciuta anche a loro che, dopo le prime incertezze, sono diventati velocissimi a legare anche con questo nuovo materiale.

Qui sotto c’è una foto delle nostre piante col cordino di cellulosa: sono molto più belle di prima!

Se qualcuno avesse bisogno di qualche notizia aggiuntiva può trovarla sul sito di CentroPlast tra i prodotti per l’irrigazione.

L’inizio, visto da Chiara

27 settembre 2011

Mettiamoci il cuore in pace, inizia una nuova vita!

In realtà è stato più veloce del previsto, è bastato decidere che la provincia di Arezzo doveva essere la nostra meta, ed ecco che in poco tempo abbiamo trovato un luogo che poteva fare per noi.
È nata così Tunia.

La gestazione, veramente, è costata qualche notte insonne: quando ancora io vivevo a Milano e Francesca a Sassari ci trovavamo – un po’ da me un po’ da lei – per capire se il sogno di fare una cosa tutta nostra stava in piedi anche nella vita vera.
Meno male che poi è arrivato Andrea: ci ha aiutato ad incolonnare i numeri nel modo giusto e abbiamo scoperto che no, non stava in piedi, ma che valeva comunque la pena provare!
Da lì, poi è stato un attimo!

Io e Francesca abbiamo fatto le valigie e gli scatoloni e, prendendo un bel respiro, abbiamo lasciato i nostri lavori, e ci siamo trasferite ad Arezzo. Andrea è rimasto a Pisa ma vigila da lontano.

Le idee comunque ce le abbiamo avute chiare fin dall’inizio: vogliamo poter fare le cose “fatte bene”; ce lo ripetiamo sempre, e lo ripetiamo a chi ci chiede quale sia la filosofia di Tunia…poi, spiegare cosa significhi è un po’ più complicato!

Fare bene per noi vuol dire fare qualità: cercheremo di non tralasciare niente, le coltivazioni saranno rigorosamente biologiche, in cantina metteremo massima attenzione in modo che niente sia lasciato al caso, ma anche la bottiglia dovrà essere ben vestita.

Tunia dovrà essere un’azienda sostenibile perché crediamo che sia possibile costruire un mondo in cui le attività economiche non siano dannose per l’ambiente e per la nostra salute, i nostri collaboratori saranno un tassello imprescindibile di Tunia e i loro diritti saranno rispettati senza esitazioni.

Fare bene per noi vuol dire trasparenza: poche parole, azioni consapevoli e sempre orientate al miglioramento, scambio diretto e franco sui risultati conseguiti. Le persone che vorranno incontrarci dovranno sapere le cose come stanno, dovranno fare domande, dovranno farsi la loro opinione sull’azienda e sui prodotti: noi vi racconteremo cosa facciamo, voi ci direte se è venuto bene!