Il Diario di tunia

Dare nomi ai vini: se vi sembra facile…

16 luglio 2014

Aprite una società agricola, dicevano. Siete giovani sarà una passeggiata, dicevano. Ma nessuno ci aveva avvertito di quanto sarebbe stato difficile dare nomi ai vini.

Lo so, stiamo parlando di diversi anni fa, ma di recente ci hanno chiesto di spiegare il perché dei nomi dei vini di Tunia e, dopo averlo fatto, per l’ennesima volta, a voce, ci è venuto in mente che forse valeva la pena scriverlo…
Proviamoci.

Dare nomi ai vini

Immaginatevi come stavamo: lanciate senza freni verso una nuova avventura, con chiari in testa i punti fermi dai quali non volevamo prescindere.
Avevamo già affrontato (e superato) il problema del nome dell’azienda. La volevamo legata al territorio, un omaggio alla città toscana che ci ospitava. Alla Chimera, però, l’omaggio l’avevano già fatto in molti, dalle librerie alle gelaterie. Scegliemmo quindi il padre del pantheon etrusco. E Tunia fu.

E a quel punto ci illudevamo che sarebbe stato tutto in discesa: bastava scegliere i nomi degli altri dèi per i vini. Semplice no?
No. Perché le divinità etrusche, oltre a essere avvolte da un affascinante quanto poco pratico alone di mistero, hanno anche nomi molto brevi e poco adatti a dei vini.

E quindi niente, prossima idea. Decidemmo di rimanere in ambito etrusco: le famose ceramiche sono tutte ben catalogate, usiamo quelle. Cerchiamo il nome della coppa da vino: skyphos. Mmm, no, dopotutto forse non era un’idea così geniale.

E quindi?
Ormai le idee languivano e il vino era già in produzione.

Come spesso accade fu il caso a decidere per noi.
Durante un giro in cantina, mentre Francesca ci aggiornava, noi altri due soci (enologicamente ignoranti) notammo scritto su un serbatoio Fiore e Chiaro e fu subito una cascata di complimenti: “Ma brava Francesca! Che bel nome hai trovato! Perfetto per un bianco!”. Salvo poi sentirci dire che Fiore è il primo vino che viene tolto dal serbatoio durante la svinatura, senza passare in pressa, e Chiaro è la dicitura per il vino travasato.
E peraltro in quel serbatoio c’era del vino rosso…

Comunque, quale fosse la ragione, ormai quel nome ci era entrato in testa e fu così deciso che il nostro bianco si sarebbe chiamato Chiarofiore.
Che peraltro si sposava bene con Chiassobuio che è il nome del torrente che delimita la vigna, subito preso in prestito per il nostro Sangiovese.

A quel punto ci mancava solo un nome, per l’altro rosso, il Cabernet Sauvignon. Come resistere alla tentazione di rimanere sulla stessa linea?! Cercavamo ancora una parola composta…e così, dopo lunghe elucubrazioni, a fianco del Chiasso (rumore, ma anche vicoletto) Buio, è arrivato il Canto (melodia, ma anche angolo) Moro.

E questa è la storia dei nostri nomi. Ora ci pensate voi a spiegarla agli stranieri?

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